La chimica dell’attimo, un anno dopo

Ho cominciato a scrivere le prime parole di “La chimica dell’attimo” nel gennaio del 2016. Il romanzo è stato pubblicato il 2 dicembre del 2021, un anno fa. Cosa c’è in tutto questo tempo? Ci sono un prima e un dopo. Oggi voglio raccontare il dopo.

Mi sono portato questa storia dentro per un po’, al punto che si è adattata insieme a me a quello che nel frattempo mi è accaduto nella vita, pur mantenendo intatta la sua voglia di essere letta. Quando finalmente la storia è diventata un romanzo presente nei cataloghi, nelle librerie e poi tra le mani di chi ha deciso di leggerlo, mi aspettavo che avrei provato sollievo, un senso di liberazione. Ora cammina con le sue gambe, farà da sé il suo percorso, cose così. Tutto vero, ma solo in parte, perché ho dovuto capire in fretta che una storia non può smettere mai di essere raccontata da chi l’ha scritta. Confrontandomi con altrə colleghə, quasi all’unanimità mi è stato detto che scrivere può essere bello, brutto, facile, difficile, ma che la vera fatica è, in realtà, pubblicare. Perché con la pubblicazione si accede a una fase per cui ci si può preparare ma che è di fatto imprevedibile: la promozione.

Il verbo promuovere viene dal latino promovēre (letteralmente «muovere avanti») e per la Treccani significa “Far avanzare, far progredire; favorire dando impulso”. Non so te, ma a me già questa breve definizione trasmette un senso di meccanica fatica, immagini di carri trainati, di Artax impantanato nel fango mentre Atreju prova a tirarselo dietro. Scrivere è una cosa, scrivere per pubblicare è un’altra. Nel lavoro di scrittura, infatti, confluiscono tanti altri aspetti e attività che sarebbe bello poter rigettare con sdegnato snobismo, ma nel concreto quasi nessuno può permetterselo. Ed è giustissimo così, perché si scrive e si pubblica un romanzo con l’obiettivo di raggiungere un pubblico che sia il più ampio possibile. D’accordo, ma cosa significa raggiungere? Significa vendere.

Per me, separare la scrittura dalla vendita non è una concezione ipocrita, è una concezione fuori fuoco. Si scrive per vendere e si vende per scrivere. Pertanto, biasimare la scrittura piegata al mercato è quasi un controsenso. Volendo, si potrebbe approfondire sull’appiattimento stilistico (lo ha fatto molto bene Giorgio Fontana su «Doppiozero»), sulle soluzioni narrative pigre e furbe, sulle idee banali e su tutti quegli elementi che dovrebbero essere sintomi di scritture solitamente dette “commerciali”, ma in questo articolo mi limiterò a dire che ogni scrittura è commerciale e che la povertà dei risultati è tutt’al più da collegare a un più ampio discorso sullo stagnamento di un genere o di un intero settore.

Perché è importante stabilire da subito il legame tra la scrittura e la vendita? Perché così nella delicata fase di pubblicazione e promozione ci si fa meno male. È come avere un paracadute. Pubblicare significa condividere la propria storia con tante altre figure, a partire con quelle presenti in casa editrice, e ciò implica un incontro e un confronto di aspettative (che possono assumere concretezza specifica quando viene si riceve un anticipo, cioè quando l’editore paga chi scrive prima dell’uscita del libro, di fatto definendo in anticipo una soglia minima di vendita). Lo so, questo potrebbe guastare l’idea romantica che tantə hanno della scrittura e dell’editoria in generale. Benissimo, perché scrivere per pubblicare è un lavoro come un altro, quindi de-romanticizzarlo aiuta chi lo svolge e chi vorrebbe svolgerlo.

Ho pubblicato “La chimica dell’attimo” potendo fare affidamento su una buona conoscenza dell’editoria e dei suoi funzionamenti, il che mi ha messo parzialmente al riparo da aspettative irrealistiche e facili delusioni. Sapevo dall’inizio che pubblicare un romanzo come autore emergente sarebbe stato difficile, ma è stata una sfida che mi ha intrigato ed entusiasmato, perché a me questo lavoro piace e piace l’idea di fare la gavetta, anche solo per misurare la mia convinzione. Appena uscito, il romanzo è stato a Più Libri Più Liberi, una fiera a cui sono molto legato, poi le restrizioni causate da Omicron tra dicembre 2021 e gennaio 2022 hanno messo a dura prova la promozione, ma nonostante i limiti questa storia si è scavata con tenacia la propria strada verso il suo pubblico.

Dico senza retorica che vedere il mio romanzo sui comodini e sugli scaffali di chi lo ha comprato è stata ogni volta un’emozione. Ricevere messaggi, domande, poterne parlare con i gruppi di lettura che lo hanno scelto, tutto questo ha dato senso agli anni trascorsi prima, impreziosendo il dopo. Anche le difficoltà hanno avuto un ruolo, perché mi hanno spinto a riflettere e a sperimentare, a ragionare sugli strumenti che come scrittore ho a disposizione per avvicinare il pubblico che già ho e quello che potrei avere. Come detto sopra, ostinarsi a negare o a rifiutare gli aspetti più concreti di questo lavoro è il miglior modo per capire che non si è dispostə a svolgerlo. I social network non ci piacciono? Bene, o si trova un’alternativa altrettanto valida per raccontare di sé e della propria storia online, oppure si deve trovare il modo di utilizzarli in un modo che ci rappresenti. Ne ho scritto e continuo a riflettere sull’argomento, sia perché non ho ancora risposte ferme sia perché ragionare su tutto quello che ruota attorno al mio lavoro di scrittore è importante, come un aggiornamento professionale (di recente, per dirne una, sto esplorando le possibilità offerte da Goodreads).

Inizialmente avevo pensato a questo articolo per il primo anniversario dell’uscita del romanzo come un’occasione per fare bilanci, ma scrivendolo mi sono reso conto che persino un anno non è abbastanza per fare un bilancio. La storia editoriale dei libri non è misurabile con precisione scientifica. C’è chi pensa che dopo due settimane dall’uscita un libro abbia già il destino segnato, ma ci sono anche storie che ridiventano best-seller dopo trent’anni. Per questo, a un anno dall’uscita di “La chimica dell’attimo”, non so ancora cosa aspettarmi dalla storia di questa storia. Forse ha già raggiunto il suo picco, forse intraprenderà strade finora inaspettate.

L’unica certezza che ho è il senso di gratitudine per chi ha comprato, letto, regalato e consigliato questo romanzo. Dopo questo primo anno, la cosa più preziosa che mi porto dentro è l’affetto ricevuto, la curiosità, l’entusiasmo e la fiducia da parte di chi ha deciso di dare una possibilità a “La chimica dell’attimo”. Spero davvero di continuare a meritare tutto ciò e che queste persone restino e diventino sempre di più, perché è di questo che la mia scrittura si nutre: della soddisfazione che provo sapendo che le mie pagine stendono fili invisibili ma forti, legami attraverso cui immaginare insieme e farsi compagnia all’interno di una storia. Grazie.

 

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