Vivere (e scrivere) il fallimento

Foto di Tangerine Newt su Unsplash


A ventuno anni, realizzai il mio sogno: il mio primo romanzo veniva pubblicato da una casa editrice. Con l’entusiasmo e l’ingenuità di allora, pensai che la mia carriera da scrittore fosse finalmente iniziata e che, da lì in avanti, ci sarebbero stati altri romanzi pubblicati, persone in fila per acquistarli, interviste, premi. Era il 2011. Ancora non sapevo che avrei aspettato dieci anni prima di pubblicare un altro romanzo.

Cosa è successo in questi dieci anni? Anzi, cosa non è successo? Posso rispondere a entrambe le domande nello stesso modo: tante cose. Non preoccuparti, non racconterò dettagliatamente un decennio di esperienze, tentativi, attese, illusioni e delusioni. Evito di farlo non solo per non annoiarti, ma perché conosci già la storia, visto che – probabilmente – è anche la tua.

Quando abbiamo un sogno dentro di noi comincia un film. È il film di noi che raggiungiamo l’obiettivo, tagliamo il traguardo, alziamo la coppa. Oltre a questo, però, sappiamo che c’è l’altro film, quello che preferiremmo non guardare. Tuttə ne abbiano uno identico e al tempo stesso diverso. Se dovessimo dargli un titolo, useremmo parole come: sconfitta, insuccesso, fiasco, disastro, disfatta, fallimento.

Possiamo parlare quanto vogliamo di resilienza, di fenici e di kintsugi, ma fallire non piace a nessuno. Eppure è un’eventualità, quando desideriamo tanto qualcosa. La parola fallimento non mi piace, ma non posso cancellarla dal vocabolario, così come non posso cancellare i miei, di fallimenti. Ciò che posso fare, però, è provare a renderli utili a qualcosa. Come autore, il mio qualcosa sono le storie.

Con La chimica dell’attimo ho raccontato l’ambizione, le porte che si aprono, la ricerca del successo a ogni costo. Pensavo che pubblicare un romanzo, dieci anni dopo il primo, avrebbe rilanciato la mia carriera, rimesso in moto i sogni. Già prima dell’uscita, però, mi ero reso conto che il tema del successo era diventato un’ossessione. Sentivo che, da quelle parti, si nascondeva un’altra storia, una di quelle da cui preferiamo distogliere lo sguardo. Per ascoltarla, mi sono affidato a un nuovo personaggio: Valerio, che aveva vissuto il suo sogno solo per vederlo svanire. Un uomo che vive tra i rimpianti, finché i sogni di un’altra persona non lo costringono a rimettere insieme i frammenti dei suoi.

Alcune storie possono iniziare soltanto quando ne finiscono altre. Capirlo mi ha permesso di fare un po’ pace con i miei fallimenti, dando un senso a oltre dieci anni di montagne russe. Soprattutto, mi ha dato l’occasione di fare ciò che amo, cioè scrivere un nuovo romanzo. Presto potrò fare qualcosa che forse mi piace ancora di più: condividerlo.


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